Oggi, nella Laguna di Venezia, esploriamo l’isola di San Lazzaro degli Armeni.
Usata nel XII secolo come Lebbrosario, l’isola ricevette il nome relativo da San Lazzaro Mendicante protettore dei lebbrosi. Abbandonata nel XVII secolo, fu donata nel 1717 dalla Repubblica Veneta ad un gruppo di monaci in fuga da Modone.
Mechitar ne fece un centro di cultura e scienza destinato a mantenere in vita lingua, letteratura, tradizioni e costumi del popolo Armeno. Nel 1789 fu aggiunta anche una tipografia in modo tale che i monaci potessero stampare i libri in lingua armena in maniera autonoma. Nella biblioteca dell’isola sono conservati circa 1700 volumi e manoscritti, manufatto arabi ed egiziani tra cui la mummia di Nehmeket del 1000a.c
San Servolo
Il nome deriva da San Servilio, martire d’Istria. Un tempi su questa isola vi era un insediamento benedettino, presente già due secoli prima dell’anno 1.000. Per un periodo viene adibita ad ospizio per i monaci anziani e, successivamente, vi si insediarono delle monache che vi rimasero fino al 1615, dopo tal data i locali del convento vennero utilizzati prima come depositi di grano, poi come ricovero per gli appestati, successivamente vi giunsero delle monache, di vari ordini, provenienti da Creta che rimasero qui fino al 1716. L’isola venne in seguito adibita ad ospedale militare e nel 1797, il governo napoleonico stabilì che tutte le persone, di ogni ceto affette da disturbi mentali fossero ricoverate qui. Con l’avvento degli austriaci l’ospedale divenne il manicomio centrale del Veneto e l’isola ebbe tale funzione fino al 1978 quando, a seguito della Legge Basaglia, gli ospedali psichiatrici vennero soppressi. L’isola negli anni ’90 venne profondamente ristrutturata e riqualificata ed oggi è uno dei principali centri congressi di Venezia, in essa vi è anche il Museo della Follia nel quale attraverso un percorso storico che comprende un arco temporale di tre secoli, si possono vedere vari reperti riguardanti le attività che venivano svolte per la cura e il contenimento dei malati. A San Servolo, nella seconda metà del 1800, fu sperimentata per la prima volta in assoluto la Musicoterapia, a voler ciò fu l’allora Direttore del manicomio, Cesare Vigna, amico di Giuseppe Verdi.
Il nostro viaggio prosegue. Siamo nella coloratissima e turistica Isola di Burano.
Burano è un centro collegato da un ponte all’isola di Mazzorbo, che ne è divenuta una sorta di appendice.
È costituita da quattro isole separate da tre canali interni. Analogamente a Venezia, è divisa in cinque sestrieri.
La tradizione vorrebbe che Burano fosse stata fondata, come i centri dei dintorni, dagli abitanti della città romana di Altino che si erano rifugiati in laguna per sfuggire alle invasioni barbariche, in particolare agli Unni di Attila e ai Longobardi.
Le prime abitazioni erano poste su palafitte con le pareti fatte di canne e fango e solo a partire dall’anno Mille furono costruite case in mattoni.
Il nome potrebbe derivare da Boreana, uno dei quartieri appunto della citta di Altino
Il cuore del paese è piazza Baldassare Galuppi (1706-1785), l’unica piazza del paese, intitolata al noto compositore e organista settecentesco, realizzata interrando un canale.
Sulla piazza si affaccia la chiesa di San Martino, l’unica chiesa che si erge nell’isola. Famoso il suo campanile, caratterizzato da una forte pendenza dovuta al parziale cedimento dei suoi basamenti, fondati, come alcune parti di Venezia, su palafitte
Burano è nota per la lavorazione artigianale dei merletti, nonché per le sue tipiche case vivacemente colorate.
Da ricordare che per tutto il periodo del regno d’Italia per cambiare il colore di una casa serviva chiedere il permesso ad un sovrintendente
La leggenda vuole che proprio grazie ad un pescatore sia nata la tradizionale produzione tessile artigiana. Costui infatti, avendo resistito al canto delle sirene in nome della sua bella che lo attendeva a Burano, avrebbe ricevuto dalla regina dei flutti una corona di schiuma per ornare il capo della sua sposa. Le amiche della diletta, invidiose e conquistate dalla bellezza del velo, avrebbero cercato di imitarlo, dando così inizio a una scuola di tradizione centenaria. Storicamente, comunque, l’artigianato del merletto risale al XVI secolo.
Un ottimo pranzo a base di pesce ed una passeggiata lungo le calli ci fanno gustare ancora di più questo bellissimo sabato assolato.
Navigando lungo la laguna si giunge a San Francesco del Deserto, una piccola isola di pace di un’estensione di circa 4 ettari situata tra l’isola di Burano e l’isola di Sant’Erasmo.
L’isola di San Francesco ospita un convento di frati francescani (Frati Minori) fondato nel 1230 circa. È circondata da barene ed è avvolta lungo il suo perimetro da cipressi e pini marittimi.
L’isola è raggiungibile solamente con mezzi privati o taxi ed è possibile visitarla e soggiornarvi per alcuni giorni in ritiro spirituale dopo aver preso accordo con i frati che vi abitano.
Anticamente, l’isola di San Francesco del Deserto, era chiamata Isola delle Due Vigne ed era di proprietà del nobile veneziano Jacopo Michiel.
Si narra che nel 1220, San Francesco d’Assisi vi soggiornò per un breve periodo in ritiro spirituale, di ritorno dall’Oriente. All’epoca, nell’isola era già presente una piccola chiesa bizantina in cui appunto San Francesco si fermò a riflettere e pregare. Nel 1233 Jacopo Michiel donò l’isola all’Ordine Francescano e da “Isola delle Due Vigne” venne rinominata in “Isola di San Francesco”.
A causa di malattie e pestilenze come la malaria, che si diffusero in queste zone paludose, nel ‘400 l’isola venne abbandonata per un breve periodo: fu in questa occasione che al suo nome venne applicato il suffisso “del deserto”, ribattezzandola in Isola di San Francesco del Deserto.
Dal ‘400 in poi San Francesco del Deserto è sempre stata amministrata dall’Ordine dei Francescani, ad eccezione dei primi anni dell’ottocento (1808) quando le truppe napoleoniche trasformarono l’isola in un magazzino e una polveriera.
Nel 1858, grazie a Padre Bernardino da Portogruaro,l’isola venne donata alla Diocesi di Venezia, che consentì ai frati di rifondarvi il monastero, ancora adesso attivo.
Camminando nel giardino ricco di alberi e fiori, dove i frati allevano alcuni animali e coltivano il terreno, ci si imbatte in due meravigliose terrazze panoramiche che consentono di ammirare la laguna di Venezia e offrono un’incantevole panorama verso l’isola di Burano.
L’isola è un’oasi di pace e di verde nel mezzo della laguna veneziana ed è detta l’Eden della Laguna.
L’isola di S.Clemente è posta nella laguna veneta centrale a metà strada tra la Giudecca e il Lido, Le cronache parlano di quest’isola fin dal 1131 quando un ricco mercante Pietro Gattilesso, vi fondò una chiesa e un luogo per ospitare i pellegrini e i soldati diretti verso la Terra Santa. Tra il XV ed il XVI secolo, l’isola diventa il luogo nel quale venivano accolti gli ospiti illustri della Serenissima che venivano poi accompagnati in città a bordo del Bucintoro. Nel 1630 all’interno della chiesa di San Clemente venne edificata una cappella sul modello della Santa Casa di Loreto, il tutto per adempiere ad un voto fatto dai veneziani durante l’epidemia di peste. Successivamente, nel 1632, l’isola viene acquistata dagli Eremiti Camaldolesi di Monte Corona che diedero una nuova fisionomia al convento. Dopo il 1810, con la soppressione napoleonica degli ordini religiosi, i Camaldolesi abbandonarono l’isola che divenne un presidio militare e dal 1873 al 1992 l’isola ospitò il Manicomio Centrale Femminile Veneto. Dal 2003 l’isola ospita un hotel 5 stelle lusso di proprietà del gruppo Kempinsk.